Emily Bronte, Cime Tempestose


Se tutto il resto andasse distrutto, e rimanesse lui, io continuerei a esistere; e se rimanesse tutto il resto, e lui fosse spazzato via, per me l’universo si trasformerebbe in un grande estraneo.

Quando fu pubblicato, nel 1847, questo romanzo oggi considerato un classico della letteratura mondiale, venne giudicato scandaloso: blasfemo, violento ed estremo nella caratterizzazione dei personaggi e nelle relazioni tra di loro.

Perché oggi lo consideriamo un classico, un capolavoro? Cosa ha da dire a noi oggi questa storia, che effettivamente è piena di esasperazione, di violenza fisica, psicologica, mentale, di malattia, di angoscia?

La citazione che ho messo in incipit è tratta dalla traduzione di Monica Pareschi per la nuova edizione Einaudi (2019), e quelle parole sono pronunciate da Catherine Earnshaw, una dei personaggi principali, a proposito di Heatcliff, il suo amato amante. Un amore totalizzante, che ha a che fare con la radice dell’essere. Un amore che oggi potrebbe scandalizzarci più che a metà ‘800, abituati come siamo a prendere e pretendere indipendenza dall’altro, i nostri spazi anche all’interno della relazione amorosa. Invece Catherine, stando alle sue parole, è viva se esiste l’amato: quando questi venisse “spazzato via”, l’universo sarebbe per lei “un grande estraneo”. Questa immagine ha una forza straordinaria, e non per nulla Emily Bronte è poetessa, e questo è il suo unico romanzo. Heatcliff è per Catherine la chiave per conoscere l’universo, perché non sia più estraneo: possiamo parlare all’infinito di quanto malata e tossica possa essere la relazione tra i due, ma questa frase di Cathy è lucida e precisa.

Cathy è in parte costretta dalle norme sociali a sposare Edgar Linton, che non ama, ma in parte lo sceglie: per quieto vivere, per egoismo, condannando sé stessa ed Heatcliff a una vita infelice e lacerata. Heatcliff risponde a questa delusione con la cattiveria, portata all’estremo. Questo personaggio, come tutto il romanzo in sé, è ambiguo nel suo affascinare e respingere il lettore nello stesso momento. Ci stupiamo mentre lo vediamo pianificare con lucida follia la sua vendetta verso tutti quelli che gli hanno fatto del male, compresa l’amata Cathy, proviamo per lui sentimenti ambivalenti di disgusto e compassione. L’arte di Emily Bronte è capace di questo come pochissimi altri.

Dopo la morte di Catherine, che si ammala proprio per la lacerazione che si è autoinflitta separandosi da Heatcliff – e la descrizione della malattia è tra le parti più inquietanti e terribili dell’intero romanzo -,  il racconto prosegue, delineandosi sempre più come la storia della famiglia Earnshaw e della famiglia Linton, di cui Heatcliff vuole vendicarsi. I due personaggi principali di questa seconda parte, Hareton Earnshaw e Catherine Linton (rispettivamente nipote e figlia di Catherine Earnshaw) ci sono presentati nelle loro altalenanti evoluzioni e involuzioni: soffrono, amano, odiano ferocemente così come i loro predecessori, fino a un lieto fine che arriva come un balsamo sulle ferite prodotte da questa lettura. Come se la pace, finalmente, potesse arrivare anche per le anime più tormentate.

Insomma; Cime tempestose si conferma una lettura imprescindibile, e come un grande classico da leggere e rileggere a distanza di tempo, per scoprirne aspetti sempre nuovi.

Emily Bronte, Cime Tempestoseultima modifica: 2020-12-31T16:13:00+01:00da giuliadibez
Reposta per primo quest’articolo