Leggere l’Iliade a scuola


Insegno Lettere dal 2015, prima alle medie e poi dal 2018 al liceo delle Scienze Umane, e l’Iliade è una costante del mio lavoro. Devo dire che l’ho amata fin da quando l’ho incontrata la prima volta, alle medie, nell’indimenticabile traduzione di Vincenzo Monti:

Cantami o Diva, del Pelìde Achille

l’ira funesta che infiniti addusse

lutti agli Achei…

La nostra professoressa, che è stata uno dei motivi per cui ho deciso di fare questo mestiere, ce li fece imparare a memoria e li recitavamo in coro, a undici anni. E la prima media l’ho fatta nel 2000, non troppo tempo fa. Quelle parole affascinanti e difficili, di cui  l’autorevole prof. ci guidava a comprendere il significato, a decifrare gli enigmi, mi sono rimaste nella mente e nel cuore.

L’attualità di questi poemi scritti quasi tremila anni fa mi colpisce sempre, ogni volta che li rileggo. Sono umani questi eroi, mi posso immedesimare con loro, sentire la rabbia e l’offesa, la paura, il dolore, le lacrime. Sono umani anche gli dei, protagonisti dell’Iliade quasi quanto gli uomini.

A scuola io leggo tanto ad alta voce, cerco di leggere il più possibile i brani (piccoli morsi) antologizzati, ma cerco sempre di restituire ai ragazzi la complessità dell’intreccio. Ma anche nel brano antologizzato è possibile realizzare l’incanto della letteratura, cioè l’incontro. Si possono incontrare i personaggi, fare il tifo per loro, vivere le loro stesse emozioni. L’ultimo brano che abbiamo letto, in videolezione, è stato il celeberrimo “Ettore e Andromaca”; l’eroe troiano si separa dalla moglie e dal figlioletto per andare incontro ai nemici, rischiando la vita, consapevole che nessuno può sfuggire al proprio destino; e che neanche l’amore e la devozione per la sua famiglia possono trattenerlo dal fare ciò che sente giusto, ciò per cui è stato cresciuto. Quando ho letto per la centesima volta ad alta  voce i versi in cui Ettore prega per suo figlio, chiedendo a Zeus che gli altri dicano di lui “è molto più forte del padre”, mi sono commossa. Non solo perché Ettore è il mio preferito dai tempi delle medie (il primo amore non si scorda mai), ma anche perché crescendo mi rendo conto che un augurio così si può fare solo a un figlio (in tutti i significati della parola figlio, in cui io includo anche gli alunni), a uno che prende da te, ma poi si distacca da te, e può – anzi deve – andare oltre, diventare altro, diventare più. 

Chissà cos’altro scoprirò, andando avanti nella lettura quest’anno.

 

Leggere l’Iliade a scuolaultima modifica: 2020-11-13T18:46:58+01:00da giuliadibez
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