Niccolò Ammaniti, Anna


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2015. Un virus proveniente da un laboratorio in Belgio provoca una malattia – detta “la Rossa” perché si manifesta con macchie rosse su tutto il corpo – che colpisce le vie respiratorie e porta alla morte in poche settimane. Il virus si diffonde in tutta Europa, ma ha una particolarità: colpisce solo gli adulti. I bambini sono portatori sani, in loro il virus si scatenerà solo al raggiungimento della pubertà.

Il tema genera ansia di per sé, a maggior ragione in questo periodo di pandemia, quindi devo ammettere che la tentazione di chiudere il libro c’è stata. Ma Ammaniti è un narratore magnetico, capace di tenere incollati alla pagina: con il ritmo narrativo, ma sopratutto con dei personaggi costruiti magistralmente.

Anna è una ragazzina siciliana di tredici anni che vive sola con il suo fratellino Astor dopo la morte dei genitori per il virus: il compito affidatole dalla madre prima di morire è quello di proteggere il fratello, innanzitutto insegnandogli a leggere. Sì, perché saper leggere è fondamentale nel mondo post apocalittico in cui i ragazzini si trovano a vivere. Non ci sono i Grandi, e bisogna essere in grado di leggere ad esempio i bugiardini delle medicine, o le date di scadenza sui prodotti alimentari. Ogni giorno l’obiettivo è sopravvivere.

Quando Astor viene rapito da una banda di ragazzini dipinti di blu, Anna disperata si mette alla sua ricerca: durante il suo viaggio incontrerà un cane con tre vite e tre nomi, e un ragazzino come lei, Pietro, che le darà una nuova speranza, un nuovo obiettivo oltre la sopravvivenza. Forse c’è una possibilità di cura per il virus, come diceva la mamma di Anna, forse nel Continente qualche Grande è sopravvissuto e ha trovato una cura, o forse c’è qualche rito magico in grado di rendere i bambini immuni anche quando cresceranno.

Il lettore segue Anna fino alla fine del suo viaggio, condividendone le speranze e i timori, il dolore e i cambiamenti improvvisi che si trova ad affrontare. Il finale resta lì, aperto, non è consolatorio né pacificatore. E forse è questo uno dei tratti più belli di questo romanzo, perché di fatto la vita è così: non consola, non pacifica, non fornisce facili soluzioni, ma rimane aperta alle infinite possibilità.

“La vita non ci appartiene, ci attraversa”, e ci porta dove non sappiamo, dove non avremmo pianificato. Lettura adatta per il nostro tempo incerto e bisognoso di speranza.

Niccolò Ammaniti, Annaultima modifica: 2020-11-11T17:25:15+01:00da giuliadibez
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